mercoledì 29 giugno 2011

Atene, 28 giugno 2011

Atene, 28 giugno 2011 - Il nostro albergo è a poche centinaia di metri da piazza Syntagma, popolato da molti americani in vacanza. Sono circa le nove e mezzo di sera quando scendiamo per andare a cena. Chiedo al portiere se pensa che si possa andare a piazza Syntagma. "Sì, certamente potete andare, se andate a piedi. Troverete parecchia polizia e moltissimi manifestanti. Non c'è bisogno che vi affrettiate, resteranno lì tutta la notte, perché domani il parlamento deve votare le misure di austerità e noi non siamo molto contenti. Forse troverete un po' di gas lacrimogeno. Forse la gente vi darà qualche bandiera, così potete manifestare anche voi per sostenerci."
Con questo incoraggiante viatico, ci avviamo verso piazza Syntagma, con Sofia Gianna accomodata nel passeggino.
Il traffico è bloccato dalla polizia a poca distanza dall'albergo. Superiamo il tempio di Zeus Olimpio e cominciamo a incontrare manifestanti che arrivano a gruppi dalla piazza. Molti hanno la faccia dipinta di bianco. Passato il tempio, sulla nostra destra, superiamo un contingente di centinaia di poliziotti appostati, fermi e in silenzio, in una traversa piuttosto buia. Man mano che ci avviciniamo, i manifestanti si infittiscono. Sono tutti tranquilli, chiacchierano e camminano su e giù.
A duecento metri dalla piazza ci fermiamo davanti a due banchini che vendono hot dog e souvlaki. Si comincia a sentire l'odore del lacrimogeno. Un manifestante si avvicina e ci rivolge un discorso in greco piuttosto concitato, di cui non capirei quasi nulla se non fosse per un altro manifestante che si avvicina per tradurlo in inglese. Ci stava avvertendo che non è il caso di andare oltre con la bambina, perché c'è la polizia che sta sparando candelotti. Decidiamo di cenare ai banchini. In quel momento si sentono diversi botti molto forti provenienti dalla piazza. La polizia spara i lacrimogeni, ma tutti rimangono tranquilli. "Questi li conosco" dice Sofia dei botti "Fanno tutte le luci colorate". "No, dice Sandra ridendo, non sono quelli!" Si mettono a sedere su una panchina accanto ad altri manifestanti e io porto da mangiare. "Ci vorrebbe qualcosa da bere", dice Sandra. Ritorno verso i banchini, ma in quel momento esplodono altri botti e sento arrivare le prime zaffate di gas. Una discreta folla di dimostranti si sta allontanando di buon passo dalla piazza. Torno da Sandra senza le bibite. Sofia in questi giorni sta un po' soffrendo di un'irritazione agli occhi e non è il caso di esporla al gas. La rimetto sul passeggino e ci allontaniamo al trotto, seguiti dalle zaffate di gas alle quali riusciamo a sfuggire senza problemi, accompagnati dai manifestanti che ripiegano. Superiamo la schiera di poliziotti appostati nell’ombra, a cui la folla indirizza qualche urlo e un applauso sarcastico. Oltre il tempio di Zeus la folla si dirada e di lì a poco procuriamo le bibite sotto l'albergo.
Accompagno in camera Sandra e Sofia, prendo la videocamera che era in carica e ritorno verso piazza Syntagma. Incontro una troupe della TV di stato spagnola armata di grosse telecamere. Mi dicono che ci sono stati diversi feriti, parecchi arrestati, ma nessun morto.
Il gas dei lacrimogeni si fa sempre più intenso mentre avanzo verso la piazza girando la prima sequenza video, ma ad un centinaio di metri dalla piazza sono costretto a ripiegare, il gas mi annebbia gli occhi e anche l’intelletto. Tornato a distanza di sicurezza, intervisto un gruppetto di manifestanti che rifiutano di farsi riprendere. Sostengono che ci sono dei provocatori messi in giro dalla polizia che hanno sfasciato qualche vetrina e lanciato sassi, ma che i veri manifestanti non hanno nessuna inclinazione alla violenza. E in effetti, nonostante i lacrimogeni, si vede solo gente molto pacifica e tranquilla, molte donne, tante ragazze. Gli intervistati se la prendono con l’Europa che non li ha aiutati in tempo, soprattutto con Angela Merkel e la Germania. “Once Nazi, Nazi forever” mi dice una signora di mezza età dalla faccia dipinta di bianco. Poi se la prende con Papandreu che se ne deve andare, con l’FMI e coi banchieri internazionali. “Questi vogliono prenderci la nostra terra” mi dice “Ma puoi scriverlo sul tuo blog: noi abbiamo difeso questa terra per tremila anni. L’abbiamo difesa contro i Persiani, l’abbiamo difesa contro i Turchi e li abbiamo cacciati. Adesso la difenderemo contro questi ladroni!”
Torno ad avanzare verso la piazza e riesco a raggiungerla in un momento in cui il vento ha diradato il gas, filmando la seconda sequenza prima che la videocamera si scarichi. Sotto il parlamento, uno schieramento di polizia non tanto folto dietro una fila di transenne. Degli altoparlanti diffondono musica con fracasso ad altissimo volume. Ci sono banchini di raccolta firme. La gente è molta, ma non fittissima. Non vedo alcuna faccia mascherata, non vedo bastoni né sassi. Uno striscione sotto il parlamento recita “Pigs sono i banchieri, non la gente”. Accanto, un’effigie di Che Guevara con la scritta: “Hasta la victoria siempre”. Le uniche bandiere che vedo sono bandiere della Grecia.
La videocamera ha appena esaurito la carica, quando arriva una fila di poliziotti schierati e improvvisamente mi investe un’ondata di lacrimogeno che mi dà un dolore acutissimo agli occhi e mi costringe ad una precipitosa ritirata ad occhi chiusi. Solo a duecento metri di distanza riesco a vedere di nuovo. Molta gente è rimasta sulla piazza, evidentemente è meno sensibile di me. A questo punto è quasi mezzanotte. Torno verso l’albergo.
Passato il tempio di Zeus Olimpio, due ragazze in pantaloni con le facce imbiancate stanno una di fronte all’altra, a quattro o cinque metri di distanza, sul grande marciapiede sgombro. Levano le braccia e inarcano le gambe in sincronia, disegnando figure di danza. A piede fermo, senza musica, con alta e semplicissima eleganza.


Post Scriptum – Di ritorno dalla Grecia devo notare che questo pezzo è un esempio di cronaca piuttosto scadente. Non tanto perché i fatti narrati sono poco significativi, più adatti a una rubrica tipo “Che fa la famiglia la sera?” che non ad una voce “Politics”. E' che il pezzo dimostra come si possano involontariamente travisare i fatti anche quando ci si attiene strettamente a ciò che si è direttamente osservato. Forse cambia  poco, ma i botti di cui si parla non erano spari di lacrimogeni, ma bombe acustiche, fragorose quanto innocue, che la polizia usava per spaventare i manifestanti nella speranza di indurli alla fuga. Poiché i manifestanti non si spaventavano affatto, seguiva invariabilmente agli scoppi il lancio dei lacrimogeni, ed era di questo che i volenterosi davanti al banchino volevano avvertirci. Inoltre le facce dei manifestanti non erano dipinte per una qualche forma creativa di protesta, ma imbiancate con uno spray antilacrimogeno, che era evidentemente molto efficace, a giudicare dall’indifferenza dei soggiornanti in piazza Syntagma ai gas che mi misero in fuga.
Inoltre devo aggiungere che il giorno dopo, proprio negli stessi paraggi (era il Viale Vasilissis Amalias) ho assistito a scene alquanto più drammatiche di scontri fra manifestanti e polizia. Ma di questo farò cenno altrove (6.6.2011).




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