sabato 19 novembre 2011

Guerra aperta all’Italia. Draghi, Weidmann e Schäuble allo European Banking Congress di Francoforte.

Il destino finanziario dell’Italia sembra davvero ormai segnato. Ieri i banchieri di tutta Europa si sono riuniti a Francoforte per l’annuale Conferenza Bancaria. Davanti a una platea che non poteva essere più qualificata, il categorico rifiuto all’ipotesi di acquisti illimitati di titoli italiani è stato ribadito solennemente da Mario Draghi, mentre Schäuble auspicava una Unione fiscale europea con regole vincolanti dettate dal neoliberismo in salsa germanica, che condannerebbero tutta l’Europa alla schiavitù fiscale.
Intanto Weidman, dopo aver fatto trapelare alla Frankfurter Allgemeine Zeitung l’entità reale dei ridottissimi limiti settimanali agli acquisti della Bce (20 miliardi in tutta l’Eurozona, con circa 1000 miliardi di soli Btp italiani in circolazione), rincarava la dose, chiedendo limitazioni di sovranità temporanee per i paesi che non rispettino le regole.
E’ il segnale di via libera alla speculazione al ribasso. Dato che non ci sono misure di politica fiscale che possano compensare la falla che sta aprendo nei nostri conti pubblici il rialzo dei tassi d’interesse, la strada verso il default dell’Italia è sgombra.
Può darsi che i pescecani d’oltreoceano e d’oltralpe facciano vista di accontentarsi per qualche tempo delle misure orchestrate da Monti. Ma il compito, come ha detto lui stesso è “difficilissimo”, “quasi impossibile”. Non c’è da stare allegri.


3 commenti:

  1. Un breve saluto da New York...non c'è da stare allegri per nulla, in effetti! Ho appena assistito a un dibattito su Fox News a proposito dell'Iran. Riassunto: le sanzioni non servono a niente, ci vuole un intervento armato. Se all'Iran mettiamo insieme l'orrore della Libia, la deriva autoritaria in Egitto, lo scempio della Siria, le strategie delle banche tedesche e la repressione di Zuccotti Park, mi sa che ne dovremo vedere delle belle, purtroppo. E speriamo, passata l'euforia, di non doverci ritrovare presto con un governo Pdl (per quanto senza B., il quale però non sembra intenzionato a ritirarsi, e forse ha capito che può essere più pericoloso se sta nell'ombra), Udc e altre destre, perché la situazione di incertezza generale un po' ricorda il 1994.

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  2. Ciò che sta succedendo in Spagna dovrebbe indurre a qualche riflessione. I tanto bistrattati socialisti di Zapatero sono usciti spennati dalle elezioni a vantaggio della destra. Il movimento degli 'Indignati' ne ha favorito la sconfitta invitando al non-voto. Esito paradossale ma non troppo: a quest'area di sinistra-sinistra, irriducibile, spiace da sempre (tutto il '900 insegna) ogni progetto riformista. La sinistra moderata per loro è solo l'ala presentabile del neoliberismo, e come tale va combattuta. Il radicalismo estremizzante del 'no' e del 'tutto e subito', per quanto ammantato di buoni sentimenti e lontano da richiami ideologici novecenteschi, alla fine, porta sempre alla medesima conclusione: dare fiato alle forze più conservatrici, le più lontane dalle loro posizioni. E' già successo due volte in Italia con la duplice caduta dei governi Prodi, forse l'unico tentativo autenticamente riformista avviato da noi

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  3. Non sono d'accordo, mi pare che le colpe non siano proprio da attribuire alla sinistra-sinistra, come la chiama Francesco Aspergi, ma proprio alla sinistra moderata, che in quella stessa logica chiamerò qui sinistra-destra: ci vogliono cuore, coraggio, idee e analisi serie per avere i voti dei cittadini, non ipocrisie da benpensanti e forme vuote alla Fabio Fazio o alla Matteo Renzi. E sono convinto che purtroppo sia assolutamente vero che la sinistra-destra sia solo l'ala presentabile del neoliberismo. Se un cittadino vuole votare un moderato, se vuole cioè sentirsi rassicurato, di fronte alla scelta destra-destra o sinistra-destra, vota la prima, perché almeno gli sono chiari intenti e valori. Anch'io, se dovessi scegliere tra Renzi e Fini, avrei decisamente molti dubbi. Si è visto, del resto, dov'è finito Rutelli, uno dei tanti candidati premier della sinistra-destra. Si è visto il successo del moderato Veltroni. Non ci siamo, no. Non ci siamo proprio. Essere di sinistra non può essere solo una questione di stile. È la sinistra moderata che dovrebbe osare ascoltare qualche ragione in più da chi fa battaglie radicali, avere il coraggio qualche volta di prendere posizioni indipendenti in politica internazionale, invece di inseguire sempre i miti edulcorati della middle class americana democrat. In my humble opinion, certamente.

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